“Giù al nord”. Campione d’incassi

Per confezionare il suo Giù al nord che in patria, Francia, ha polverizzato ogni record di incassi raccogliendo ben 140 milioni di euro e 21 milioni di spettatori (più di Titanic e del record nazionale La grande Vadrouille, imbattuto dal 1966) – l’attore e regista Dany Boon si è ispirato a Jacques Tati e a Dino Risi, oltre che alla sua stessa esperienza di francese nordico. E ha dato vita a un edificante racconto a favore della tolleranza e dell’annullamento dei pregiudizi che ricalca un po’ le avventure di Totò e Peppino alle prese con il trasferimento dalla calda Napoli alla misteriosa, fredda e remota Milano. Una scommessa vinta, che ha indotto il distributore italiano Medusa a un’uscita in grande stile con 400 copie (dal 31 ottobre), e addirittura ad un remake da plasmare su due regioni della Penisola (ma ancora non si sa quali).

Al centro della storia c’è l’incontro tra due mondi apparentemente diversissimi: quello del Sud della Francia, dove vive e lavora il funzionario delle Poste Philippe Abrams (Kad Merad), e quello del Nord-Pas de Calais, dove vivono e lavorano i suoi futuri impiegati Ch’tis, gente semplice che parla un dialetto quasi incomprensibile e sopravvive – si dice – in un luogo gelido e con talmente poca luce da indurre alla disperazione e all’alcolismo. Una zona della Francia percepita dunque dai “sudisti” come remota e inospitale al punto che, quando Philippe fallirà il suo tentativo truffaldino di trasferimento in Costa Azzurra e verrà spedito per punizione nel tremendo Nord, si armerà di improbabili piumini artici, cappelli di pelliccia e tanta rassegnazione, per poi ritrovarsi in un luogo accogliente e caloroso, da cui faticherà a staccarsi anche solo per raggiungere nel weekend la moglie rimasta in Provenza. “E’ un film molto autobiografico – ha spiegato Boon, che nella pellicola veste anche i panni dell’impiegato Ch’ti Antoine – Vengo da quella regione e conosco tutti i preconcetti che ci sono. Quando dicevo da dove venivo era un coro di ‘poveretto, chissà che brutta infanzia avrai avuto e cose del genere; oppure ‘a Nord si muore prima per mancanza di luce”. Per una pellicola tutta giocata sugli equivoci linguistici come Giù al nord, era grande la sfida legata al doppiaggio: “Abbiamo fatto molte prove – ha spiegato l’ad di Medusa Giampaolo Letta -ma poi alla fine abbiamo optato per una non-lingua piuttosto che usare una forma dialettale”. Per il remake all’italiana, invece, non si è deciso ancora nulla, “Anche perché molto dipenderà dal cast”, ha detto Letta, tranne che “si parlerà di intolleranza, ma con il tono giusto, in maniera brillante”, e che il titolo potrebbe venire “capovolto” in Su al Sud. Intanto il turismo al Nord-Pas de Calais ha beneficiato di un’inaspettata crescita del 30%.

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