Checco Zalone: recensione di Cado dalle nubi

Ai comici di Zelig un film da protagonista, come un libro, non si nega mai. Uno dopo l’altro è una tassa che, a quanto pare, dobbiamo pagare. Si pesca nel mucchio e stavolta tocca a Checco Zalone, ultimo in ordine di tempo a salire alla ribalta quando con “siamo una squadra fortissimi”, ha spopolato durante gli scorsi mondiali.

Confezionato su misura per lui questo “Cado dalle nubi” lo vede imperversare in ogni inquadratura in qualità di interprete di se stesso, aspirante cantante che dalla natia Puglia è costretto ad andarsene a Milano in cerca di fortuna, neanche fosse Albano di 40 anni prima, e là giunto, nella grande metropoli, fa la figura del terrunciello troglodita qual è.

Probabilmente convinti che tra televisione e cinema vi sia solo una differenza in fatto di dimensioni, Cado dalle nubi di Checco Zalone è l’ennesimo pretesto per gonfiare e dilatare a dismisura i soliti sketch da cabaret in cui esibire la comicità che già ben conosciamo, quella tutta circoscritta nella faccia da sfigato, nelle canzonette in dialetto pugliese, nell’italiano maccheronico. Di battute vere e proprie, ovviamente, nemmeno a parlarne. Oltre a questo “Cado dalle nubi” offre poco altro: una trama che a chiamarla tale si farebbe torto. Uno spiraglio di luce si intravede quando compare Ivano Marescotti ma non è che un’illusione, presto fagocitato anch’egli dalla mediocrità generale. Siccome l’universo di riferimento è quello prettamente televisivo il finale non poteva che essere un marchettone formato famiglia che strizza l’occhio a X-factor dove il nostro Checco Zalone(che fu ospite del talent show un paio di settimana addietro) può finalmente coronare il sogno che condivide coi milioni che guardano la televisione e partecipano ai provini dei reality, quello di un successo fatuo, effimero, fine a se stesso, ottenuto con lo stesso sforzo impiegato per realizzare questo film: minimo.

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