Moore a nord e Stone a sud: le nuove coordinate del cinema americano

Ben 2 documentari stanno caratterizzando le ultime giornate veneziane. Da una parte il nuovo lavoro del piacione Michael Moore Capitalism: a love story, che critica il sistema capitalistico statunitense, dall’altra Southland border di Oliver Stone, un ritratto inedito del presidente venezualano Chavez e del nuovo corso politico, economico e sociale dell’America Latina.
L’autore di Sicko, presente ieri sera in Sala Grande, ha puntato il suo obbiettivo sulle malefatte del capitalismo selvaggio, dei crack bancari, dei ricchi che non si accontentano della loro ricchezza e rubano ai poveri e su come questa situazione è stata alimentata dal’interno del paese. Uno sguardo feroce e al contempo fin troppo semplificato, ma lui dice che è voluto, così da riuscire a spiegare anche ai bambini di due anni cosa c’è che non va. Il gioco funziona, come sempre con Moore, ma sicuramente la visione è parziale e partigiana. Il film è in concorso: chissà se bisserà il successo di Fahrenheit 9/11 che vinse a Cannes.

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